Emblematica in Italia è la gamma di polizze assicurative che coprirebbero anche le calamità naturali.
Le inondazioni di maggio hanno causato quasi nove miliardi di euro di danni nella regione italiana dell’Emilia-Romagna e dintorni. Non fa eccezione, la lista degli incidenti con miliardi di danni in Italia è lunga. I terremoti del 2009 a L’Aquila e del 2016 ad Amatrice e dintorni, ad esempio, sono costati all’Italia 30 miliardi.
Ma le assicurazioni italiane non sono in ginocchio. Negli ultimi quarant’anni è stato assicurato appena il cinque per cento di tutti i danni causati da calamità naturali. Secondo la Banca centrale europea, questa cifra è ben al di sotto della media europea del 27%.
In altre parole: solo il 5% delle polizze assicurative italiane per gli immobili e il 10% per i danni da copertura del suolo agricolo causati da calamità naturali. I motivi sono molteplici: complessità burocratica, premi elevati e predominanza di piccole imprese i cui titolari preferiscono rischiare piuttosto che aumentare i propri costi.
Gli incidenti legati ai cambiamenti climatici stanno diventando sempre più frequenti. Ma molti agricoltori affermano che i pagamenti sono inferiori ai premi pagati e quindi l’assicurazione non è necessaria. All’Associazione Agricoltori Confagricoltura spingono per l’assicurazione prerequisito con sussidi europei, ma senza successo. Lo stato non lo richiede nemmeno quando si acquista un immobile con un prestito, ma allo stesso tempo non sovvenziona nemmeno i premi e non fornisce garanzie assicurative di back-end che consentirebbero premi più accettabili.
Pertanto, l’eliminazione del danno è principalmente a carico del bilancio. Il che, in Italia, il cui debito pubblico ammonta a 2.800 miliardi di euro ovvero 48.000 euro per abitante, non è cosa da poco.
“Pop culture enthusiast. Coffee expert. Bacon nerd. Humble and annoying communicator. Friendly gamer.”