No, non è uno di quei dischi in cui continua a parlare dell’importanza del bilinguismo e a divagare sulla mancanza di consapevolezza che convivere con più lingue sia un valore. Questo probabilmente è perfettamente chiaro a chiunque legga questo. Tuttavia, a molti non è chiaro che il bilinguismo funziona solo se entrambe le lingue sono identiche nella mente di chi parla. Sfortunatamente, ogni anno ci allontaniamo da esso. A volte, dalla parte slovena del confine, sottolineavamo con orgoglio la nostra conoscenza dell’italiano e indicavamo gli abitanti di Trža dicendo: “Non parlano sloveno”. Ora abbiamo perso questo diritto. La stragrande maggioranza dei bambini entra in contatto con la lingua italiana solo a scuola e il livello di conoscenza atteso da loro non soddisfa nemmeno gli standard fondamentali per un uso armonico della lingua nell’ambiente. Ciò non deve necessariamente essere imputato ai programmi di studio, alle scuole o agli insegnanti. Sono proprio questi ultimi ad essere vittime dei programmi scolastici, costretti a seguire le aspettative di genitori esigenti che vogliono solo il meglio per i loro onniscienti “sunnies”… voti, ovviamente.
“I nostri ne conoscevano 5. Lo abbiamo mandato a chiedere istruzioni e gli abbiamo pagato ‘un sacco di soldi’”, si lamentano i genitori durante l’orario di parola, al quale possono anche chiamare un avvocato. Talvolta gli scolari sono talmente sotto pressione da dover ridurre e adattare il programma di studio. Nella maggior parte dei casi si tratta di bambini i cui genitori non parlano italiano, tanto meno qualsiasi altra lingua straniera. Nel corso degli anni è diventato un problema intergenerazionale. Il bilinguismo è uno stato d’animo e non uno stato della società, per parafrasare uno scrittore sloveno.
A volte, dalla parte slovena del confine, potevamo sottolineare con orgoglio la nostra conoscenza dell’italiano e puntare il dito contro gli abitanti di Trža dicendo “non conoscono lo sloveno”. Ora abbiamo perso questo diritto.
Recentemente anche il Ministero dell’Istruzione è intervenuto sull’apprendimento delle lingue nelle scuole e, con la proposta di modifica, vuole introdurre una seconda lingua straniera come obbligatoria nei programmi della scuola primaria. A questo punto viene da chiedersi se il ministro conosca davvero la reale situazione sociale nelle scuole. Alcuni bambini nelle zone bilingui – non solo i figli di immigrati, ma anche i “nativi istriani” che non sono cresciuti con la televisione di Berlusconi – dovrebbero imparare quattro o cinque lingue. Gli scolari sono pronti ad affrontare questo duro colpo? Allora perché dovremmo imparare l’italiano se, con un po’ di sforzo, possiamo adattare il programma in modo da finire la scuola primaria con il massimo dei voti e a Gorica un generatore di intelligenza artificiale ci ordina il “gelato”.
Naturalmente il diluvio delle moderne tecnologie e dei social network ha spalancato le porte all’inglese allo slang moderno, e quindi anche alla coscienza dei giovani, che usano gli anglicismi praticamente in ogni frase. Molti croati compaiono anche nella lingua parlata… In questo non c’è assolutamente nulla di sbagliato, perché la lingua è un organismo vivente che si sviluppa a seconda della società e del suo stato psicofisico.
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