La vera riconciliazione dovrà aspettare
Leader nazista e fascista: Adolf Hitler e Benito Mussolini a Monaco nel 1940
© Marion Doss/Flickr
Il 13 luglio 1920 l’Italia fascista incenerì la Casa Nazionale di Trieste. Per il successivo quarto di secolo, l’Italia fascista uccise e denazionalizzò gli sloveni e i croati costieri. Dopo il primo e il secondo processo di Trieste, l’Italia fascista uccise nove patrioti sloveni e croati, che ancora oggi sono ufficialmente considerati “terroristi”. L’Italia fascista invase il Regno di Jugoslavia e Slovenia il 6 aprile 1941, soggiogò la regione di Lubiana e circondò la sua capitale con filo spinato. L’Italia fascista uccisa a Gramozja jama, Rog, Gonars, Monig, Rab e così via…
L’Italia democratica del dopoguerra, nata dall’antifascismo, dovrebbe riconoscere ufficialmente questi crimini, pentirsene e chiedere perdono agli sloveni, ai croati e alle altre vittime europee e africane dell’imperialismo fascista. Onestamente, niente paghetta, niente contrattazione politica. Ma nel 1975, a differenza della Germania, non lo fece mai. Opposto. Negli ultimi tempi abbiamo assistito anche a tentativi italiani sempre più aggressivi di revisionismo, di rifiuto della responsabilità, di riabilitazione del fascismo, di confusione tra causa ed effetto: durante la celebrazione annuale della Giornata della Memoria dell’Esodo e della fobia, il 10 febbraio, per esempio , noi presidente dello Stato, tormentati, accusiamo tuttavia gli slavi di italocidismo; in televisione e al cinema guardiamo creature propagandistiche come “Cuore nell’abisso” o “Terra rossa”, che collettivamente ci dichiarano di essere infojbatori; D’ora in poi Trieste celebrerà il 12 giugno – come ha vergognosamente deciso di recente il suo consiglio comunale – “il giorno della partenza dell’occupante jugoslavo”, con il quale l’attuale “città nella baia” nega chiaramente i valori della resistenza, sputa addosso le vittime alleate IX. del Corpo Partigiano, che liberò il 1° maggio 1945, e indirettamente dichiarò che avrebbe preferito ancora appartenere al Terzo Reich.
Per uno sloveno di confine come me, discendente di oppressi e nipote di un partigiano che immolò il suo sangue per la libertà della patria di Trieste, la misura è ormai colma da tempo! Apprezzo gli sforzi, altrimenti ben intenzionati, dei presidenti Pahor e Mattarella verso la riconciliazione tanto necessaria. Sfortunatamente, la loro deposizione congiunta di corone sul Bazovo gmajno pieno di disgrazie e sul Bazovo vuoto di cadaveri non porterà la riconciliazione – la riconciliazione onesta, vera e popolare -. Ci sono già state diverse deposizioni di questo tipo e ce ne saranno altre. Ogni volta si tratta di una necessità elettorale, politica o diplomatica. Questa volta la visita presidenziale ai due simboli della sofferenza slovena e italiana sembra non essere altro che una forzata pacificazione della rabbia della destra italiana per il ritorno della Camera Nazionale. Entrambi i presidenti cadranno preda di astuzie politiche abilmente attuate, ma soprattutto Pahor, che con la sua visita dal punto di vista della stampa e dell’opinione pubblica italiana, assimilerà, dal punto di vista dello Stato, l’effetto alla causa, l’assassinio vendicativo dei fascisti. , collaboratori e innocenti italiani, sloveni o croati durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, con i quattrocento anni di terrore fascista dell’Italia che l’hanno preceduta. Allo stesso tempo, una riconciliazione così ampia distoglierebbe l’attenzione dal vero obiettivo centrale della visita dei due presidenti: il ritorno della Patria agli sloveni. Determinato dalla stessa legge italiana e ritardato di 19 anni, questo ritorno non deve naturalmente rappresentare un obiettivo di second’ordine dell’incontro presidenziale e tanto meno oggetto di condizioni o contrattazioni politiche, ma – al contrario – il puro e spontaneo orgoglio di L’Italia dovrà finalmente condannare i crimini fascisti e correggere almeno in parte le ingiustizie che la dittatura di Mussolini ha inflitto a sloveni e croati.
Secondo me bisognerà aspettare una vera riconciliazione. Finché (se non altro…) l’Italia aprirà i suoi “armadi della vergogna”, indagherà imparzialmente il proprio passato, condannerà incondizionatamente il suo passato (e attuale) fascismo, i suoi stessi criminali di guerra, annullerà i verdetti dell’Esame Speciale. Corte e riabilitò ufficialmente gli eroi di Baz e Opa, dissotterrò le foibe, contò e diede nomi ai loro cadaveri, fermò la diffusa propaganda nazionalista contro la “stirpe barbarica”, pubblicò e divulgò il rapporto della Commissione congiunta di storici italo-slovena nel scuole, hanno offerto alle vittime della trinità fascista una mano giusta e pentita. Quando? Temo che secondo il noto detto: per Sveti Nikoleti – né in inverno, né in estate!
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© Damjan Ilić / Zoran Smiljanić
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