Nel 1946, appena tre giorni dopo il referendum sull’organizzazione del Paese in monarchia o repubblica, i gioielli della famiglia reale italiana sbarcarono nel deposito della Banca d’Italia. Nessuno li ha visti per 75 bei anni, ora sono gli eredi dell’ultimo re d’Italia Umberto II. rivendicano ufficialmente per se stessi per la prima volta. Sono convinti che nella storia delle confische del dopoguerra dei beni della famiglia reale di Savoia rappresentino un’eccezione, dopo una fallita mediazione annunciano una querela contro lo Stato.
Umberto II. fu sul trono da poco più di un mese, dal 9 maggio all’abolizione della monarchia dopo un referendum, oppure lasciò l’Italia il 13 giugno 1946, cosa che gli valse il soprannome di “Re Maggio”, ma l’eredità di questa stretta fetta di storia continua ad occupare gli italiani. Lo stato italiano ha nazionalizzato i beni della famiglia reale, ma i quattro eredi dell’ultimo re sono convinti che questo non si applichi ai gioielli reali.
Sono depositati presso la Banca d’Italia da oltre 75 anni. Sono costituiti da 6.732 diamanti e circa 2.000 perle incastonate in gioielli indossati in varie occasioni da regine e principesse italiane, Umberto II. tuttavia, li fece depositare in una banca il 5 giugno 1946, pochi giorni prima di lasciare l’Italia e stabilirsi nella città portoghese di Cascais.
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