La lingua italiana è minacciata. Ne era convinto il vicepresidente della Camera dei deputati, eminente rappresentante di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, che a dicembre ha presentato un disegno di legge per la tutela e la promozione della lingua italiana. Questa prevede, tra l’altro, sanzioni pecuniarie da 5.000 a 100.000 euro per i trasgressori.
Come si evince dal preambolo, dove evoca “l’alienazione ossessiva”, Rampelli è sconcertato dall’eccessiva introduzione di lingue straniere, in particolare l’inglese, nella lingua della pubblica amministrazione. Secondo lui, questo non arricchisce il patrimonio linguistico in Italia, ma “lo impoverisce e lo umilia”.
Per questo Rampelli, che, come il suo collega di partito Roberto Menia, è membro della camera alta del parlamento, chiede alla Camera che l’italiano sia esplicitamente menzionato nella costituzione come lingua ufficiale, e propone una serie di misure a tutela della Lingua italiana. “Non c’è una politica linguistica in Italia, anzi, il linguaggio della politica si è sempre più anglicizzato nel nuovo millennio introducendo parole straniere nelle leggi, nelle istituzioni statali e nel cuore del Paese”, nota Rampelli. Crede addirittura che a causa di “Anglomania”, chi parla solo italiano rischi un completo fraintendimento. Come antidoto, Rampelli non propone di imparare lingue straniere, ma piuttosto… di punire il mancato uso della lingua italiana.
La proposta rivela che non solo l’uso dell’inglese sarebbe “perseguito”, ma l’uso pubblico di qualsiasi lingua diversa dall’italiano in generale. La lingua della maggioranza dei cittadini italiani non può essere regolata dalla legge, ha detto la senatrice del Pd Tatjana Rojc in risposta alla proposta di Rampelli. “Una stupida legge può danneggiare le minoranze linguistiche: invito il governo e la maggioranza di destra a non creare situazioni contrastanti con le vigenti leggi protettive, che tra l’altro non sono nemmeno pienamente applicate”, ha detto, ricordando che la proposta di Rampelli fa rivivere i tempi oscuri in cui gli sloveni “si tagliavano la lingua in bocca” e in cui era addirittura proibito pregare nella lingua madre.
Il fratello del deputato italiano Salvatore Deiddo ha cercato di placare il senatore Rojc dicendo che il suo partito rispetta le minoranze linguistiche.
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