“È vero che l’Italia ricorda le vittime della Febe, ma la commemorazione deve essere globale”, ritiene il famoso politico italiano delle file della Democrazia Cristiana e pluriministro Paolo Cirino Pomicino. Nella lettera odierna al Corriere della Sera, il promettente politico parla del processo di italianizzazione violenta delle zone ottenute dall’Italia dopo la Prima Guerra Mondiale, poi cita i campi di concentramento di Rab e Gonars, dove morirono anziani, donne e bambini, e infine l’invasione italiana della Slovenia dove i massacri erano all’ordine del giorno.
Cirino Pomicino dice di non aver trovato da nessuna parte i documenti che Tito avrebbe utilizzato per sostenere le stragi dei Febi, mentre tutti abbiamo davanti a noi l’ordine del generale italiano Alessandro Pirzio Biroli, che ordinò l’uccisione di cinquanta civili per ogni morte. Soldato italiano nell’ex Jugoslavia (nelle Ardeatine romane le grotte avevano un rapporto di uno a dieci). Lo scrittore menziona anche i criminali di guerra italiani Mario Robotti e Mario Roatta.
“La violenza genera violenza e nelle guerre accadono cose terribili, le cui vittime sono soprattutto persone innocenti e anche persone morte a causa della loro nazionalità, come è successo con i Febi”, ritiene Cirino Pomicino. È convinto che se nella giornata della commemorazione del 10 febbraio venissero riconosciute tutte le responsabilità delle tragedie passate, ciò rappresenterebbe un grande contributo alla pace.
“Fanatico di Internet. Organizzatore malvagio. Fanatico della TV. Esploratore. Appassionato di social media amante degli hipster. Esperto alimentare certificato.”