Politica linguistica, democrazia linguistica ed esperanto

Oggi è già chiaro a tutti noi che siamo entrati in un periodo di grandi cambiamenti, sia in patria che nel mondo. Riguarda sia i cambiamenti nel trattamento dell’ambiente naturale sia i cambiamenti nella società. Ogni giorno sempre più persone sono costrette a spostarsi a causa di guerre, povertà, cambiamenti climatici o regimi politici. Così, sempre più persone – ormai più di duecento milioni all’anno – viaggiano e incontrano direttamente persone di culture e lingue diverse e affrontano il problema dell’incapacità di comunicare o di integrarsi in un nuovo ambiente.

Si può dire che negli ultimi secoli l’umanità ha fatto enormi progressi nel campo della tecnica e della tecnologia – purtroppo è anche sull’orlo dell’autodistruzione. Allo stesso tempo, i progressi sono tutt’altro che uguali nei settori degli accordi sociali, della democrazia, della cooperazione diretta e dell’integrazione. A questo proposito, la Dichiarazione Generale dei Diritti dell’Uomo è di particolare importanza nella parte in cui parla del diritto umano alla lingua materna e alla comunicazione (comprensione). Il diritto alla lingua materna è ben realizzato o in via di realizzazione, ma il diritto alla comunicazione non è risolto ed è letteralmente intenzionalmente (?) messo a tacere a causa della moltitudine di lingue. Ciò, ovviamente, viene sfruttato dalle principali nazioni per scopi imperiali e coloniali, e abusato da molti politici per incitare e manipolare le persone. Questo è anche il nocciolo del problema della politica linguistica e della democrazia linguistica.

Il movimento esperantista è parte integrante dei movimenti pacifisti da oltre centotrent’anni. L’autore dell’Esperanto ha creato questa lingua come soluzione ai continui malintesi, conflitti e istigazioni dei politici nelle comunità multinazionali e multilinguistiche. L’esperanto fu quindi creato per soddisfare i bisogni della società dell’epoca, e questo bisogno è ancora maggiore oggi di allora. L’esperanto appare come un movimento per la pace, come un’idea di fraternità tra tutti i popoli e, ovviamente, come una lingua. È inoltre da tempo riconosciuto che l’esperanto è il motore della democrazia linguistica, poiché mette ripetutamente in luce le disuguaglianze, l’ingiustizia, il colonialismo e la discriminazione esistenti nella comunicazione internazionale.

Nella nostra proposta di soluzione diversa dobbiamo tenere conto di due documenti fondamentali. La prima è la già citata Dichiarazione generale dei diritti umani, e il secondo documento è una dichiarazione sulla questione della lingua nei rapporti tra nazioni e nazionalità. Il contenuto del primo documento è già stato menzionato sopra, mentre il secondo documento è stato adottato su proposta dell’Associazione slovena dell’esperanto nel 1972 a Lubiana, sotto la presidenza dell’allora Associazione jugoslava dell’esperanto. In sostanza contiene una proposta secondo la quale ognuno rinunci all’imposizione della propria lingua nella comunicazione internazionale e che in segno di rispetto e uguaglianza dell’interlocutore, la lingua internazionale, l’esperanto, venga utilizzata come seconda lingua di comunicazione.

Come ho detto nell’introduzione, gli esperantisti sono parte integrante della società, quindi abbiamo il dovere di rispondere a ciò che sta accadendo e proporre soluzioni nell’interesse del popolo e della democrazia. Con la creazione del Programma nazionale di istruzione per il periodo 2023-2033, proponiamo al Ministero dell’Istruzione un cambiamento nel campo dell’insegnamento delle lingue: proponiamo la tutela della nostra lingua madre, lo sloveno, l’introduzione dell’esperanto come introduzione (internazionale ) lingua straniera, e solo successivamente l’insegnamento di qualsiasi lingua straniera nazionale. Aspettiamo una risposta da parte del Ministero, e ancor più da parte della società tutta. Questa risposta sarà anche un buon indicatore della consapevolezza della necessità di cambiamenti radicali nelle relazioni interpersonali e internazionali nel campo dei diritti umani per una comunicazione e una cooperazione paritarie.

Agnese Alfonsi

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