Lettera aperta al Presidente della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor
Per prima cosa, nel 1920, i nazionalisti italiani bruciarono la Casa Nazionale slovena a Trieste, che quest’anno le autorità italiane hanno finalmente restituito ufficialmente alla comunità slovena…
© Archivio Mladina
Egregio Signor Presidente, è con rammarico che abbiamo appreso della sua possibile visita al monumento nazionale “Foiba di Basovizza” nell’ambito della cerimonia di restituzione dell’edificio della Casa Nazionale in via Filzi alla comunità slovena.
Per le ragioni che spiegheremo di seguito, siamo convinti che la vostra presenza non sarebbe un atto di riconciliazione tra le nazioni, ma piuttosto un’ulteriore umiliazione per coloro che ne sono stati vittime e che devono chiedere perdono al loro carnefice.
Ci sembra opportuno indicare la storia del monumento, che fu eretto su un ex pozzo minerario, dove gli jugoslavi non commisero stragi di massa: risulta dalla documentazione anglo-americana (e anche italiana) che nel dopoguerra, alcuni dieci cadaveri irriconoscibili, per lo più in uniformi tedesche. Pertanto la targa posta all’ingresso del monumento, che indica che l’abisso contiene “500 metri cubi di resti di persone gettate nella foibo”, è una targa che dà informazioni false, tanto più che si tratta di monumento nazionale , creato con pregiudizio.
Per quanto riguarda i finanzieri, i cui nomi compaiono sulla seconda targa vicino al monumento, dovete sapere che non furono uccisi a Bazovica, ma furono catturati perché sparavano (con i nazisti) alle truppe jugoslave che entravano in città. e furono internati in un campo di prigionia.
Dopo la guerra furono ritrovati una decina di cadaveri irriconoscibili, la maggior parte dei quali indossavano uniformi tedesche. Pertanto la targa posta all’ingresso del monumento, che indica che l’abisso contiene “500 metri cubi di resti di persone gettate nella foibo”, è una targa che dà informazioni false, tanto più che si tratta di monumento nazionale , creato con pregiudizio.
Per quanto riguarda gli agenti di polizia menzionati nel secondo riquadro, dal processo del 1949 risulta che alcuni sostenitori di Bazovica vendicarono l’agente della famosa “banda Collotti” Mario Fabiano, condannato a morte dal tribunale militare jugoslavo perché responsabile delle incursioni e crudele torturatore di civili, per lo più sloveni.
Si dice anche che sia un simbolo. E di cosa dovrebbe essere il simbolo? Esecuzioni di massa che non sono avvenute qui?
All’epoca in cui rimase a Trieste l’esercito jugoslavo, di cui faceva parte il IX sloveno e che partecipò alla liberazione di Trieste, durante i “40 giorni” di cui tanto si parla, non fu commesso alcun massacro, non furono commessi massacri , ma ci furono sicuramente vendette personali, in cui singoli individui uccisero altre persone, ma la stragrande maggioranza degli arrestati dagli jugoslavi erano soldati, membri delle unità che deportarono civili nei campi di concentramento sotto il fascismo e poi sotto il nazismo (1.533 civili sloveni furono deportati campi fascisti nel febbraio 1943 fino alla capitolazione, solo il Comitato speciale dell’Ispettorato di pubblica sicurezza, uomini e donne considerati “sostenitori dei ribelli” torturarono e uccisero prigionieri gran parte dei civili arrestati erano funzionari fascisti e collaboratori nazisti: furono arrestati dagli jugoslavi autorità sulla base di denunce circostanziate; specificandone le responsabilità). Possiamo citare l’esempio dei componenti italiani del gruppo “Nucleo Baldo” legato alle SS che provocarono l’arresto del capitano della missione alleata Valentino Molina (tutti uccisi nella Rižarna pri St. Sabota), e dell’ex prefetto Vincenzo Serrentino. , che (secondo la lista Crowcass dei criminali di guerra, composta da anglo-americani) era giudice ausiliario presso il Tribunale straordinario per la Dalmazia, istituito dai fascisti dopo l’invasione della Jugoslavia nel 1941, responsabile di 48 condanne a morte di civili dalmati che sono stati processati senza alcuna garanzia.
All’epoca in cui rimase a Trieste l’esercito jugoslavo, di cui faceva parte il IX sloveno e che partecipò alla liberazione di Trieste, durante i “40 giorni” di cui tanto si parla, non fu commesso alcun massacro, non furono commessi massacri , ma ci furono certamente vendette personali, in cui singoli individui uccisero altre persone, ma la stragrande maggioranza degli arrestati dagli jugoslavi erano soldati, membri delle unità che, sotto il fascismo e poi il nazismo, mandarono i civili nei campi di concentramento.
L’Esercito di Liberazione Nazionale della Jugoslavia, di cui IX faceva parte. Corpo, era riconosciuto dagli Alleati come alleato e, come tale, aveva il compito e il dovere di arrestare chiunque indossasse un’uniforme nazifascista o riconosciuto come simpatizzante o collaborante con gli occupanti nazisti. NOV lo fece e fu internato nei campi di prigionia come Borovnica, e la maggior parte degli arrestati morì lì e quindi non a Bazovica.
La invitiamo, signor Presidente, a considerare che il Paese e la nazione che lei rappresenta non hanno bisogno di giustificarsi: Italia e Germania hanno invaso la Slovenia senza dichiarazione di guerra, la capitale Lubiana era circondata dal filo spinato, migliaia di civili sloveni, donne, bambini, anziani furono deportati nei campi, dove furono lasciati morire per tutto ciò che avevano sopportato; se, alla fine della guerra, singoli individui si sono vendicati personalmente, ciò non può essere considerato responsabilità dello Stato, né prima della Jugoslavia, né tantomeno oggi in Slovenia; mentre gli arrestati nell’allora Stato jugoslavo furono processati per crimini di guerra e grazie ad essi furono scagionati, se alla Jugoslavia non viene concesso il diritto di processare i criminali di guerra, è necessario avviare una discussione sull’attività del Tribunale di Norimberga.
L’Esercito di Liberazione Nazionale della Jugoslavia, di cui IX faceva parte. Corpo, era riconosciuto dagli Alleati come alleato e, come tale, aveva il compito e il dovere di arrestare chiunque indossasse un’uniforme nazifascista o riconosciuto come simpatizzante o collaborante con gli occupanti nazisti.
Per questo vi chiediamo di non sostenere il nazionalismo dei politici, soprattutto quelli triestini e della diaspora istriana, che ancora oggi rifiutano di riconoscere i diritti della comunità slovena che dovrebbero essere garantiti sulla base dell’attuale Costituzione; e che non si compia alcun passo incomprensibile rispetto a un dovere come il ritorno alla Camera Nazionale, che è previsto dalla legge e non dovrebbe richiedere alcuna “reciprocità” da parte di chi riceve un risarcimento per l’ingiustizia che ha subito per un secolo fa.
Editoriale “diecifebbraio 1947”
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