“La Chiesa nel mondo digitale” è il titolo di un libro che offre suggerimenti concreti a parrocchie e istituzioni religiose su come essere presenti online e sui social network. La prefazione è stata scritta da Papa Francesco e ha incoraggiato l’uso creativo e consapevole del mondo digitale come spazio in cui la Chiesa può testimoniare la bellezza della vita cristiana, anche se questo non può quasi mai sostituire un incontro personale.
Andreja Cervek – Vaticano
Il libro “La Chiesa nel mondo digitale”, curato dal giornalista italiano Fabio Bolzetta, si basa su 150 video prodotti come materiale didattico dall’Associazione degli esperti cattolici italiani di Internet (WECA). Sviluppa una riflessione su quattro livelli (pensare, scoprire, condividere, pubblicare), proponendo modi concreti per essere presenti online e sui social network. Ad esempio, i capitoli si concentrano sull’uso di Instagram per scopi pastorali e del profilo Facebook per sacerdoti e consacrati, e cercano di rispondere alle domande quando: cosa sapere su Twitter, se Tik Tok può essere utilizzato come strumento educativo, come creare un sito web parrocchiale, ecc.
La pandemia ha certamente contribuito in modo significativo al crescente utilizzo di Internet, anche a fini pastorali. Ed è qui che papa Francesco inizia la sua prefazione. Ci ricorda più volte il detto: “non usciamo mai dalla crisi come prima, ne usciamo meglio o peggio”. Il periodo difficile che l’umanità ha vissuto a causa della pandemia ha dimostrato che “possiamo uscire dalla crisi insieme”, ma abbiamo anche compreso l’utilità della “tecnologia e dei social network”. Lo abbiamo visto in tempi di reclusione, quando non era più possibile incontrarsi, celebrare insieme l’Eucaristia, essere vicini ai malati, unirsi in preghiera con un parente o un amico che ci ha lasciato. “Come se tutto ciò che davamo per scontato ci fosse tolto e messo di fronte alla nostra fragilità”.
All’epoca, molti si adoperarono per mantenere vivi i rapporti tra le persone e le comunità, con il papa riferendosi a “tanti sacerdoti che hanno fatto buon uso della tecnologia e dei social media e hanno consentito la partecipazione alla messa per mantenere il popolo di Dio in contatto con la parola di Dio”. . I social network sono stati usati per tenersi in contatto, comunicare bisogni per non sentirsi soli, organizzare azioni di beneficenza per vedersi faccia a faccia. “Gli esperti affermano che alcuni dei cambiamenti avvenuti a causa dell’uso più frequente della tecnologia delle riunioni virtuali probabilmente persisteranno molto tempo dopo la fine dell’emergenza pandemica”.
Il Papa prosegue affermando che molti sacerdoti in questo momento sono diventati creativi per tenersi in contatto con i fedeli e accompagnarli. Errori ed estremismi non sono mancati, osserva, ma «quando questi tentativi hanno messo al centro il messaggio da veicolare, più che il protagonismo del comunicatore, bisogna riconoscere che sono stati utili».
L’Associazione degli esperti cattolici italiani di Internet (WECA) ha incontrato e discusso negli ultimi due anni con sacerdoti di tutte le età, che hanno anche cercato di mantenere le comunità connesse alle nuove tecnologie. L’uso del telefono dovuto al divieto ai familiari di partecipare ai funerali, incoraggiando gli incontri online a essere presenti e vicini, ha anche aumentato l’uso del digitale nel campo della pastorale.
“Questa fase è stata sicuramente notevole, soprattutto in termini di esperienza di download della comunione online. Un incontro virtuale non sostituisce e non potrà mai sostituire un incontro faccia a faccia”, precisa il Santo Padre. Essere fisicamente presenti per spezzare il pane eucaristico e il pane dell’amore, guardarsi negli occhi, baciarsi, essere fianco a fianco per servire Gesù nei poveri, stringere la mano ai malati – tutto questo sono ” esperienze che appartengono al nostro quotidiano e non possono sostituirlo, né la tecnologia né i social network”. Nota, tuttavia, che questa notevole crescita, caratterizzata da molta creatività e generosità, richiede una nuova consapevolezza.
“La generosità e la spontaneità che hanno segnato il periodo di emergenza devono ora essere integrate da una formazione adeguata. Molto resta ancora da fare per crescere insieme nella consapevolezza dell’importanza e dei rischi associati all’uso di questi strumenti. C’è davvero molto di più da imparare ad ascoltare; coinvolgere e formare giovani che saranno in grado di dare energia ai siti parrocchiali. Internet e i social network possono essere utilizzati da coloro che testimoniano la bellezza della fede cristiana, che offrono storie di fede e di carità viva, che, nel linguaggio di oggi, comunicano la straordinaria novità del Vangelo e ascoltano ciò che gli apostoli e i discepoli imparato da Gesù. “
Perché l’abbiamo sperimentato, sappiamo che solo un incontro personale e non anonimo con Gesù cambia la vita. Lo sappiamo perché è la nostra esperienza quotidiana che “l’amore va nutrito con la frequenza, l’ascolto e la convivenza quotidiana”. Sappiamo che il virtuale non sostituirà mai la bellezza degli incontri faccia a faccia. Ma nel mondo digitale le persone vivono e dovrebbero vivere come cristiane. Forse i giovani, sulla base della loro fede, potranno diventare domani “i protagonisti di nuove forme di comunicazione sociale e più umana, capaci di ascoltare di più e di condividere veramente”. Perché anche il web, spazio dove a volte sembra prevalere la voce più alta e l’inquinamento da fake news, può diventare uno spazio di incontro e di ascolto. Non ci sentiremo soli a causa del web se saremo veramente “capaci di connetterci” e se “lo spazio virtuale non si sostituisce ma aiuta a plasmare le nostre relazioni sociali”.
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